Squalificarsi, criticarsi, fermarsi nelle cose che ci piacciono
COSA E’ L’AUTOSABOTAGGIO?
Può essere definito come un meccanismo – subdolo e spesso micidiale - non consapevole della nostra mente che ci porta a creare ostacoli nel cammino verso gli obiettivi, pur sapendo bene quali essi siano.
La caratteristica è che nell’immediato la persona che si auto-sabota ha spesso premi e vantaggi, ma successivamente, nel lungo termine, soggiace al dolore conseguente per la scelta fatta. In sostanza l’auto-sabotaggio è l’altra faccia della medaglia del potere della nostra mente: la mente umana grazie alla neocorteccia ( nell’uomo la neocorteccia è la sede delle funzioni cognitive superiori e la sua complessità anatomica rispecchia l’importanza del compito che essa svolge nell’adattamento all’ambiente ) da un lato definisce i risultati positivi che vuole realizzare, dall’altro si mette i bastoni tra le ruote da sola.
C’è da dire che non tutti siamo “vittima” del sabotaggio, e dell’autosabotaggio, allo stesso modo. Esistono infatti persone più colpite e persone meno colpite dagli agenti sabotatori interni. Vedremo perché e da cosa dipende: resta il fatto che il sabotaggio a noi stessi è molto diffuso, in maniera sorprendente ed è uno dei motivi per cui spesso la persona che si affligge per questo si rivolge al Counselor psicobiologico.
E ciò in quanto il Counselor psicobiologico è fondamentale per far acquisire la consapevolezza del problema, che poi è il primo passo per risolverlo.
Quali possono essere forme diffuse di auto-sabotaggio?
Le forme più diffuse di sabotaggio sono
Negare gli errori o trovare alibi, cioè scuse dando la colpa ad altri ( il nostro io interiore non vuole fare errori, allora chiama un terzo esterno che riesce abilmente a ravvisare la responsabilità fuori di noi): sinché non si prendono le responsabilità dei propri errori si tenderà a ripeterli
Procrastinare (rinviare a domani ciò che si può fare oggi): dalle piccole cose si tende a rinviare anche ciò che è importante nella vita, e cioè ciò che può fare la differenza, e che conduce alla prosperità sia dell’anima che materiale
Obiettivi troppo ambiziosi, che instaurano un processo anche elegante ma distruttivo; per es: si decide di cambiare ciò che si fa sempre per migliorare; una parte di noi però non vuole cambiare perché si fa fatica e si ha paura di cambiare; la nostra mente cerca di convincerci a fare domani, a procrastinare, per non faticare, non avere paura, e avere un piano B, cioè un piano B entusiastico, stratosferico ma non realistico; il risultato sarà che non si raggiunge questo stratosferico obiettivo tanto ambizioso da non essere realistico e realizzabile ; l’autostima si abbassa molto; proseguendo nella vita ci penseremo molto a tentare di cambiare positivamente anzi non ci si proverà nemmeno più;
Non presentarsi agli appuntamenti con terzi e con sé stessi ( ci sabotiamo ogni volta che prendiamo un impegno ma non ci presentiamo per affrontarlo): la nostra parola se non viene mantenuta si svaluta; e ciò vale anche per noi stessi: se ci diciamo tra sé e sé che facciamo qualcosa ( andiamo in palestra, dal fisioterapista, per es.) e poi non ci presentiamo a questo appuntamento con noi stessi, perdiamo noi stessi la stima. Inoltre si rafforza lo schema mentale: va bene dire che farò una cosa e poi non farla; questo schema via via si rinforza e si instaura nella nostra mente un circolo vizioso da cui si esce faticosamente, a volte nemmeno riuscendovi;
Perfezionismo: voler fare le cose perfette è una forma di auto-sabotaggio condizionando il raggiungimento del risultato finale a standard di qualità avulsi dalla realtà. Tutto questo determina conseguenze negative: ci si sottopone a stress legato ad aspettative irrealistiche nei nostri stessi confronti; sprechiamo energie e risorse preziose; dilatiamo i tempi realizzativi in modo inutile; si pecca nella produttività realizzando meno risultati di quelli che avremmo potuto raggiungere; si mina la percezione della autostima data la difficoltà realizzativa di standard perfezionistici.
Esagerare nell’uso dei sensi: l’auto sabotaggio si manifesta con eccessi di utilizzo dei sensi per anestetizzare un disagio interiore. Esempi: acquisti intensivi e massicci di abiti, scarpe, oggetti tecnologici e riproduttori di musica; allenamento fisico (over training); utilizzo di videogiochi; utilizzo telefonico; consumo di forma di intrattenimento (tv, social); consumo di bevande; consumo di cibo. Cadere in una forma di eccesso significa che senza saperlo ci stiamo sabotando rispetto ad un obiettivo che non si raggiunge, spendendo energie e risorse nell’eccesso dei sensi. Questo tipo di auto sabotaggio dà un piacere immediato che funge da premio al comportamento ma esso porta a creare abitudini improduttive: oltre a rallentare la crescita, si impatta negativamente sul benessere a medio e lungo termine.
Lasciare incompiuto ciò che abbiamo iniziato, per es. alle prime difficoltà o alle prime manifestazioni di risultati non subitanei e frettolosi. Questa forma di auto sabotaggio è molto pericolosa perché rafforza lo schema mentale secondo cui va bene iniziare ma si può smettere anche subito se difficile il percorso inducendo a nemmeno sperimentare uno sforzo, un impegno più rafforzato. Da qui al non darsi più alcun obiettivo il passo è breve. Sostanzialmente siamo di fronte alla madre di tutti gli auto-sabotaggi: se tutto parte dal darsi degli obiettivi, io non me ne do nessuno e sono a posto. Non darsi obiettivi è il massimo dell’auto-sabotaggio e occorre fare attenzione ai segnali che noi diamo, quando ci viene richiesto per es. quali obiettivi abbiamo nella vita; se la risposta è l’indecisione, il mutismo, il dire “non ricordo”, “non me ne vengono in mente”, ebbene tutto ciò prova che la persona intervistata è vittima dell’auto-sabotaggio
Essere pigri: è sicuramente la forma più passiva, quando infatti ci abbandoniamo ad una pigrizia cronica neanche ci viene voglia di iniziare a fare qualcosa, rinunciamo prima di cominciare
Vittimismo: si realizza nel voler fare tante cose, essendoci potenzialità nella progettualità, nell’organizzazione, ma c’è una forza che blocca. Si vorrebbe, ma… “ non posso”, “ nessuno mi aiuta”, “gli altri ce la fanno e io no”, “ è ma…, è ma…”. Ci si blocca, non si va avanti…. E si perdono obiettivi opportunità. Si perde il futuro, le competenze, le idee, l’autostima e così via dicendo.
Workaholic ( la dipendenza dal lavoro) è “l’ultimo” modo di sabotarsi e forse anche il più difficile da identificare come tale. Fare, fare, fare, fare sempre di più. Può diventare un modo per sabotare i nostri desideri, quello che ci piace fare davvero, di sabotare la libertà perché siamo troppo impegnati a lavorare.
Le cause principali dell’autosabotaggio
Darsi degli obiettivi per migliorare la nostra vita porta a conseguenze positive se gli obiettivi sono realizzati; allo stesso tempo rompe lo stato di equilibrio in cui ci troviamo, con gli effetti collaterali del caso, effetti collaterali che possiamo chiamare “disequilibri” ( per es. disagio, fatica, emozioni che si avvicinano alla paura, a volte indentificandosi in essa ) che risvegliano una entità del nostro mondo interiore che per semplificazione chiameremo Ego Infantile.
Più questo Ego Infantile è robusto più grandi e altrettanto pregnanti saranno i disequilibri.
La “dimensione” dell’Ego infantile deriva dall’ educazione, dal clima familiare: come ci hanno fatto vivere da bambini diventa un po’ la modalità di come cresciamo.
Psicologicamente infatti, il radicamento dell’auto-sabotaggio, ha inizio quando siamo piccoli, molto piccoli! E iniziamo a sperimentare l’indipendenza, già nell’età in cui ad un certo punto ci sentiamo stretti dal pannolino; vogliamo provare a gestire i nostri bisogni da soli ( chiaramente non riuscendoci ), quando iniziamo a camminare e a salutare la mamma e il papà, sentendoci già dei piccoli esploratori passando da un locale all’altro della casa.
Ed è proprio in quei momenti in cui, se da un lato iniziamo a sperimentare la libertà, dall’altro arrivano le prime reazioni di chi ci sta intorno, con la conseguente creazione delle prime insicurezze.
Quindi, se oggi siamo pieni di agenti sabotatori, dobbiamo un po’ chiederci cosa succedeva nella nostra infanzia, nella nostra famiglia, qual è stato lo stile educativo intrapreso molto tempo fa.
Questa è la considerazione psicologica legata al passato.
Si prenda atto pertanto che l’Ego infantile, mosso dal principio esistenziale della ricerca del piacere immediato e dell’evitamento del disagio e della fatica, si ribella alla fatica insita nel cambiamento, ricerca appunto il piacere immediato, vuole tutto e subito, ha paura di sbagliare per non fare brutta figura; insomma oppone resistenza al disagio legato alla paura e alle altre emozioni scatenate dal cambiamento. Si oppone fortemente agli obiettivi che la persona si è posti, e mette i noti “bastoni tra le ruote” nelle forme sopra dette.
Il passato però è passato.
E oggi, per il presente e futuro che fare?
Se una persona è vittima di tale auto-sabotaggio e non riesce ad uscirne, si sente bloccato e si priva degli obiettivi che potrebbero renderlo migliore ed artefice di una vita fruttuosa e desiderata, come può agire, reagire?
Chi soggiace all’auto-sabotaggio vive in un circolo vizioso.
L’Io presente rinforza infatti gli schemi mentali improduttivi sopra accennati ( ok dire una cosa e non farla; ok iniziare una cosa e n on portarla a termine), quindi rinforza le abitudini improduttive, determina un abbassamento dell’autostima e rinforza una identità depotenziata (non sono portato, non sono capace, non sono adeguato).
L’Io presente rema contro nel perseguire gli obiettivi successivi il che a sua volta rinforza gli schemi mentali e le abitudini controproducenti, con conseguenti devastanti per il futuro: incremento dello stress, dell’apatia, della frustrazione; più energie, tempo e denaro sprecati; meno opportunità di conoscenze nuove, di crescita, meno autostima, meno soddisfazione e serenità. Insomma tutto in discesa negativa.
Autosabotaggio: quali soluzioni dunque?
Il Counselor Psicobiologico può aiutare con competenza scientifica per affrontare il problema, rivolto all’oggi e ad una progettualità positiva di cambiamento.
In primis il Counselor Psicobiologico ti porta ad avere la chiara consapevolezza della natura del problema, con le sue cause, e dei costi e conseguenze negative in caso di mancanza di soluzione. Il counselor psicobiologico tiene alla crescita e al benessere della persona che si rivolge a lui: fondamentale è la scelta di rivolgersi ad esso per essere accompagnati verso la consapevolezza.
Giunti alla consapevolezza di farsi aiutare prima e quindi della sussistenza di un auto-sabotaggio in corso, come si interrompe quest’ultimo?
In sostanza possiamo visualizzare la situazione pensando ad persona intrappolata nelle sabbie mobili: la persona più si agita in esse più si impantana e sprofonda. Come uscirne con energia, decisione e precisione?
Lo stesso vale per l’autosabotaggio: per sganciarci dai nostri agenti sabotatori abbiamo bisogno di energia positiva, e di una intenzionalità chiara e precisa!
Il Counselor Psicobiologico interverrà con i propri metodi scientifici per far riflettere sullo schema mentale nel quale è costretto la persona che si rivolge a lui, e per far prendere consapevolezza circa uno o più altri schemi mentali a cui poter ricorrere per affrontare situazioni in cui ci si sente “vittima” dei nostri stessi sabotaggi.
Le domande del Counselor psicobiologico saranno mirate per rappresentare alla persona interessata la situazione nella quale egli sta vivendo ed in quella nella quale egli potrebbe vivere se fosse fuori dal suo pantano, facendo emergere lucidamente le prospettive di entrambe.
L’azione immediata e convinta sarà il primo passo verso il coraggioso cambiamento, anche a piccoli passi, cambiamento non ostacolato da quell’ Io infantile che non ha ragione di prevalere albergando nell’Io di oggi.
Essenziale sarà porsi nuovi obiettivi, anche piccoli, ed avere il piacere di scoprire – passo passo con accanto il Counselor - che si potranno raggiungere grazie ai potenziali sussistenti seppur sopiti, con sorprendente rivalutazione della autostima a volte colpevolmente – anche se non dolosamente – sminuita, svilita, purtroppo a volte annientata.
Dr. Enrichetta Proverbio Counselor Psicobiologico
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