La "dipendenza dal lavoro" o ""Workaholism" è un tipo di dipendenza comportamentale che si concretizza nell'ossessione per il lavoro: l'impulso a lavorare costantemente prevale sul benessere personale.
La situazione non equivale al lavorare molto o intensamente, ma si concretizza in un comportamento compulsivo che è stato oggetto di interesse degli studiosi a partire dagli anni 70: sono però carenti i dati scientifici nella comunità medica tant'è che la dipendenza dal lavoro non è ancora stata ufficialmente inserita nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5,APA,2013).
La dipendenza da lavoro per certi aspetti viene paragonata all'alcolismo , da cui deriva il nome "workaholism".
Le persone che sono affette da questa condizione passano a dedicare quasi tutte le 24 ore della giornata al lavoro, trascurando elementi essenziali per la persona quali il riposo e il sonno.
Può essere affetto sia un lavoratore dipendente, sia un autonomo, donna o uomo, anche se alcuni studi ci dicono che le donne sono più colpite da detta dipendenza per fattori e psicologici e ambientali.
Quanto agli aspetti psicologici: la tendenza femminile più spiccata verso il perfezionismo e l'autosabotaggio che rappresentano elementi che contribuiscono all'insorgenza di comportamenti disfunzionali.
Quanto agli aspetti ambientali essi riguardano le aspettative sul ruolo femminile all'interno della società: le donne sentono anche inconsapevolmente di dover lavorare il doppio del tempo e con il doppio dello sforzo per dimostrare di essere altrettanto capaci dei colleghi uomini, non essendo esse spesso valorizzate, supportate, con disparità di trattamento salariale, il tutto per combattere il pregiudizio della difficoltà di bilanciamento tra il lavoro e la vita familiare.
Quali sono le cause della dipendenza dal lavoro?
Non esiste una causa universalmente condivisa, ma un insieme di fattori che possono contribuire allo sviluppo della condizione in esame.
Tra gli altri c'è senz'altro la sempre crescente accessibilità del lavoro dovuta all'evoluzione tecnologica (tecnologia digitale): la capacità e possibilità di lavorare da remoto rende più facile cadere in comportamenti lavorativi eccessivi, potendo lavorare in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo.
Tra i fattori psicologici non si può trascurare la predisposizione al workaholism per tratti di personalità come il perfezionismo, il bisogno di controllo o le tendenze compulsive, l'insicurezza, la bassa autostima.
Tra i fattori familiari ed educativi si trovano le esperienze vissute nell'infanzia, in famiglia, in cui il lavoro duro era apprezzato: ciò impatta significativamente sulla tendenza a sviluppare il workaholism in età adulta.
I fattori culturali e le pressioni sociali ed economiche, rivelati in primis dalla cultura aziendale e dagli ambienti di lavoro, sono molto importanti per lo sviluppo della condizione in oggetto: si pensi alle culture per esempio giapponesi ove è normale avere giornate lavorative di 12 ore e non usufruire di giorni di ferie. Se tutto ciò può essere interpretato come senso di dedizione al lavoro, può rivelare anche altro: sintomo di insicurezza lavorativa, competitività, necessità di mantenere alti standard di vita, il tutto quali leve per spingere gli individui a lavorare eccessivamente.
Tra altri fattori scatenanti troviamo la tendenza di alcune persone a ricorrere al lavoro come un modo per sfuggire o compensare problemi in altri ambiti della loro vita (relazioni insoddisfacenti, difficoltà emotive per esempio).
Criteri e sintomi.
La persona dipendente dal lavoro è incapace di staccarsi mentalmente e fisicamente dal lavoro, vivendo una interna capacità quasi irreversibile di lavorare incessantemente, a scapito di relazioni personali, del tempo libero, della salute fisica e mentale.
Griffiths (2005) sostiene che il workaholism ha sei criteri in comune con le altre dipendenze:
- salienza: il lavoro è pensiero dominante su altri pensieri e/o comportamenti., oltre ogni orario lavorativo, oltre ogni ambiente lavorativo;
- umore altalenante: il lavoro è fonte di emozioni varie, che spaziano dalla eccitazione, alla felicità, alla tristezza e depressione;
- tendenza ad incrementare gradualmente il tempo dedicato al lavoro sentendosi - la persona - obbligata ad aumentare costantemente l'impegno lavorativo;
- astinenza: sperimentazione di disagio fisico e psicologico manifestato con irritabilità e cambiamento di umore quando non può lavorare;
- conflitti: incremento della conflittualità nelle relazioni interpersonali per la di lui incapacità a distaccarsi dal lavoro;
- ricaduta: anche dopo esserne uscito il workaholic può ricadere nella dipendenza.
Tutti questi criteri danno bene l'idea di come la dipendenza da lavoro influenzi negativamente la vita, con tutti i suoi aspetti, dell'individuo.
I sintomi sono piuttosto aspecifici, condivisi con molte altre condizioni: stanchezza cronica, ipertensione, insonnia o disturbi del sonno, problemi digestivi, alopecia, tensione muscolare, tachicardia, mal di testa, problemi circolatori e cardiaci, ansia, depressione, sensazione di stress, di rabbia, sentimenti di colpa impotenza o depressione come motivazione per lavorare maggiormente.
Numerosi i sintomi comportamentali: mancanza di interesse per le attività lavorative nonostante l'eccessivo intenso lavoro; riduzione della produttività, difficoltà a staccarsi dal lavoro anche durante malattia o ferie; mancanza di hobbies, di interessi al di fuori dal lavoro, trascuratezza dei fondamentali bisogni come dormire, mangiare, astinenza da relazioni personali e vita sociale.
Tutti i sintomi fisici, psicologici e comportamentali possono interagire tra loro.
La costante pressione del lavoro eccessivo può anche danneggiare la salute neurologica con negativi effetti su attenzione, memoria e capacità decisionali.
Un esito comune della dipendenza da lavoro è la "sindrome da burnout" riconosciuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e classificata nel ICD-11 (undicesima revisione della Classificazione Internazionale delle malattie) come sindrome caratterizzata da sensazione di esaurimento delle energie, distacco dal lavoro e riduzione dell'efficienza lavorativa.
Nelle situazioni descritte nel presente editoriale ed in ogni altro che rimanda anche con il pensiero ad esse, è essenziale, quanto meno molto utile, consultarsi con un professionista per una analisi e quindi per discutere possibili strategie di gestione o trattamento per prevenire rischi per la salute fisica e mentale.
L'approccio d'impatto con il Counselor ad indirizzo psicobiologico è senz'altro un primo passo essenziale ed intelligente in aiuto globale alla persona che evidentemente da sola non ha lucidità e capacità riflessiva sul problema in modo efficace.
Dott.ssa Enrichetta Proverbio
Counselor ad indirizzo psicobiologico
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